venerdì 16 settembre 2011

Qatar, l'emiro e l'attentato misterioso

Lo rivela un quotidiano egiziano, ma al-Jazeera ignora le voci e spinge ancora contro la Siria
Sabato 3 settembre, periferia di Doha, capitale del Qatar. Un convoglio di auto di lusso, blindate e con i vetri oscurati, corre veloce. Un auto, estranea al convoglio, fa una manovra ardita, come volesse provocare un incidente. Da una delle auto saltano fuori uomini enormi, occhiali scuri e auricolare, che sparano all'impazzata sull'autista della vettura che non faceva parte del convoglio.
Dovrebbe essere andata così. Almeno a dar credito alla fonte, anonima, che ha svelato al quotidiano egiziano al-Fajr di un attentato contro l'emiro del Qatar, Hamed Bin Khalifa al-Thani. L'emiro doveva incontrare l'ambasciatore russo, ma l'incontro è stato cancellato perché l'emiro - secondo il quotidiano - è rimasto ferito alla coscia. Otto uomini della sua scorta sono rimasti uccisi, come l'attentatore suicida. La famiglia reale di Doha ha subito smentito, con un'intervista del portavoce dell'emiro concessa al sito Sabq.
Le stranezze, in questa storia, sono tante. La prima è che la corte dell'emiro non utilizzi il media di famiglia per smentire la vicenda: al-Jazeera. Anzi, la televisione satellitare in lingua araba non dice nulla sull'accaduto, limitandosi a trasmettere un'intervista all'emiro che parla a ruota . Il primo cittadino del Qatar non è ferito, ma non si può sapere a quando risalgano le immagini, potendo l'intervista essere registrata.
libera della situazione in Siria
Cosa dice l'emiro? Emette una sorta di condanna a morte per il regime di Damasco. Come già in passato per Egitto, Tunisia e Libia, l'emiro al-Thani liquida la crisi siriana dichiarando: ''E' chiaro come le manifestazioni in Siria a cinque mesi dall'inizio delle proteste non si fermeranno. Il popolo siriano non intende tornare sui suoi passi. Resta ancora la domanda su come uscire dalla fase di stallo che si è creata in Siria''.
Damasco, da tempo, accusa al-Jazeera di lavorare al cambio di regime. Non a torto, nel senso che il tono delle corrispondenze dei cronisti della televisione qatariota, fin dal primo giorno, si è allineato sulle dichiarazioni delle opposizioni. La stessa cosa è accaduta con la Libia e, dopo qualche tempo, anche in Tunisia ed Egitto. Un caso su tutti? Le fosse comuni denunciate da al-Jazeera in Libia, a opera degli uomini di Gheddafi, rivelatesi poi un falso giornalistico.
Critiche che non vengono solo dall'esterno. Polemiche verso quello che viene ritenuto un atteggiamento di supporto evidente agli insorti, a volte a scapito della precisione nella verifica delle fonti, è arrivato da Ghassan Ben Jeddou, responsabile della sede di Beirut di al-Jazeera. Il giornalista si è dimesso per divergenze con il network rispetto alla copertura di notizie dalla Siria e dalla Libia ritenuta di parte.
La fonte del quotidiano egiziano non parla di eventuali moventi dell'attentatore suicida, ma se la vicenda venisse - in qualche modo - prima o poi confermata, è evidente che è difficile che il problema sia interno. Al-Thani, da anni, si è accreditato come un amico dell'Occidente. Se è vero come è vero che al-Jazeera rappresenta un fastidio per gli Usa e per Israele, con le sue cronache dall'Afghanistan, dalla Palestina e dall'Iraq, è anche vero che il cambio di regime del mondo arabo si è nutrito delle sue trasmissioni.
Dall'inizio della crisi a Damasco, il regime di al-Assad accusa la tv qatariota di essere corresponsabile delle rivolte. L'ultimo scambio di accuse tra Doha e Damasco risale a venerdì scorso, quando il canale nazionale siriano ha accusato al-Jazeera di aver collaborato al 'rapimento'' del procuratore capo di Hama, Adnane Mohammed al-Bakkour, e di avergli estorto una 'confessione'. Oggi al-Bakkour è stato avvistato a Cipro. Rapito magari no, ma se è là di sicuro qualcuno lo ha aiutato a fuggire. L'emiro del Qatar? Difficile da dire, ma di sicuro al-Thani e il suo canale satellitare si sono fatti molti nemici.

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